Lei si chiama erit: “Parola cangiante libera verso il cielo”. Io l’amo. L’amo di rispetto e d’amicizia. Nei suoi occhi abitano paesaggi e lune. E danza fra le mie dita. La confondo con un mare d’impegno, una scia di pensieri tracciati da una mano fragile, un respiro nato nelle lontananze della mia vita. Prima del tempo. Prima del battito. Ha in testa molti dubbi e più di tutti i sogni la sua trasparenza. Va, spinta dal silenzio, ingiallita dall’attesa. Ubriaca di sfumature freme d’ira nel labirinto del denaro mentre donne e uomini dormono abbracciati alle loro certezze…
Ho voglia di cambiarla. Non per me. Per lei stessa. Per le sue giornate intrise di polvere e timore. Figlie di una malintesa indulgenza, eccessiva e colpevole. Attraversata da fili d’argento e lacrime d’acquiescenza, parla. Dice che in questo paese le cose si fanno con l’aria di non fare niente. Lei parla. Lei scrive. E niente cambia, nulla si muove. Avanza in mezzo alla folla come fosse una straniera…
Nel conforme cerchio perfetto. Tra i rifiuti della corruzione. Sotto le macerie della giustizia. Nelle reti della massa. Nella piazza del profitto. Pulsa una prateria leggiadra e mossa. Un comune luogo d’incontro alla portata di tutti. Aperto alla curiosità, alla conoscenza, alla scoperta. Dalla parte dei passi che non hanno la possibilità di compiersi. Frenati da un cielo ben organizzato e diviso. Lei si chiama erit…