Come individui singoli siamo fuori da tutto. Dalla procedura democratica come dai diritti. Le regole valgono solo per i garantiti. I diritti sono diventati plurali e ognuno va per sé. Separati in casa. Troppo marcata si è fatta la differenza tra i privilegiati e chi precipita. E chi vive al sole non si sente più responsabile per chi vive nel sottosuolo. Si è disintegrata l’idea di un destino comune. Gli esclusi non sono niente, ridotti a problemi specifici, individuali, capaci al massimo di smuovere compassione e non più condivisione. Per loro non c’è nessun riconoscimento. O almeno, non in forma pubblica, capace di lasciare un segno, di diventare riferimento. Scartati anche dalle abitudini del nostro pensiero…
Il lavoro che rappresentava la crescita sociale è stato confiscato. La porta, attraverso la sua precarizzazione è stata chiusa. È diventato un mero strumento di selezione. Un meccanismo di privilegio. Non esiste più quella tensione positiva che teneva insieme una società. Le diseguaglianze come le povertà vengono scansate non solo fisicamente ma socialmente. Non c’è un partito che le rappresenti, una cultura che le renda visibili, un’idea che le sappia sommare. Sono sempre esistite, ma potevano essere tollerate meglio in virtù di una offerta di possibilità. Esisteva un sostegno per cui i più deboli sapevano che potevano investire una parte dei loro sacrifici sul domani. Trovando così un senso e una ragione del loro impegno e del loro lavoro…
Abbiamo diritto ad avere ambizioni ben maggiori: trovare una via di uscita dalla condizione di endemica vulnerabilità in cui siamo precipitati. Tale possibilità dipende dalla nostra capacità o risolutezza nel guardare, pensare o agire al di là dei confini individuali. La società come un processo piuttosto che come una struttura. Sembra come se anche i sentimenti vivessero una sospensione. Reclusi entro una bolla di apatia. Come se anche l’amore risentisse di questa forma temporanea della dimensione umana. Diventato anch’esso un diritto esclusivo. No. L’amore non prevede esclusioni. Se non è per tutti non chiamatelo amore. Ma dopo aver sconfitto l’odio non ha lo scettro per sempre. Deve conquistarlo ogni giorno rilegittimandosi continuamente. E se non posso amare allora non è la mia rivoluzione. Perché amore è un nuovo modo di vivere, di concepire le cose. Sì, le persone si uniranno. Faranno l’amore. E torneranno a fare paura…