La parola è una donna. Le donne non sono fatte per subire le leggi dei grammatici, ma per imporre le loro. Nel corso dei secoli hanno sempre cercato di ordinare il loro vocabolario attraverso sofferenze e fatiche. Segnate nell’animo e nel corpo, da rigide geometrie maschili, da ordini netti, pietre lisce e ben squadrate collocate come una legge.
Questa notte ti cerca, parola. Questo giorno ti attende, donna. Vorrei insinuarmi nella tua mente ed essere il tuo sposo, il tuo difensore, il tuo compagno, il tuo amante. Mi piacerebbe toccare dalle tue mani, guardare dai tuoi occhi, parlare dalla tua bocca. Voglio che la tenerezza ti baci, che la leggerezza ti sfiori, che il colore ti accarezzi. Voglio vederti dal di dentro, essere lo sguardo che ti veste, la trasparenza che ti protegge, la rabbia che ti scorre. Mi piacerebbe avere l’espressione onesta del tuo essere, il profumo della tua pelle, il tuo genio creativo, la tua prodigiosa forza, l’incomparabile eleganza. Il tuo coraggio.
Vi amerò incessantemente. Siete le sole unite insieme a poter scrivere un presente diverso. Le uniche capaci di spazzare via questa gessata norma corrente. Vi imploro. Determinate la narrazione presente, rovesciate il tavolo della storia e incendiate il domani. Le parole si pronunciano così, una premura alla volta. Vorrei essere lì, dove ci siete voi.