Siamo in Piazza Fontana, è il 12 Dicembre del 1969. Sono circa le 16.37 di un caldo venerdì. Nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura, sede di Milano, c’é una valigia. Un’altra valigia è nella sede della Banca Commerciale di Piazza della Scala, sempre a Milano. Altre tre, si trovano a Roma. La prima, all’interno della Banca Nazionale del Lavoro di via San Basilio. Le altre due, sull’Altare della Patria di Piazza Venezia…
Le cinque valigie contengono ordigni di elevata potenza. Devono esplodere per dare il via a quel periodo della vita del Paese che va sotto il nome di “Strategia della tensione”. La bomba di Piazza Fontana deve provocare 17 morti e più di 90 feriti. E per la sua gravità e la sua rilevanza politica, diventare il momento più alto di un progetto eversivo diretto a utilizzare la paura e il disordine per sbocchi di tipo autoritario. Fortunatamente, le bombe non esplodono. Le indagini seguono subito una “pista anarchica”. Un ferroviere, Giuseppe Pinelli è portato per accertamenti alla questura di Milano. Dopo un fermo di oltre 48 ore viene riconosciuto estraneo ai fatti. Rilasciato dalla finestra la notte tra il 15 e il 16 Dicembre…
I responsabili delle bombe vengono arrestati successivamente. Si tratta di alcuni esponenti della organizzazione di estrema destra “Ordine Nuovo” sostenuti da esponenti di spicco dei servizi segreti collusi con apparati dello Stato. Il processo si svolge tra le polemiche. La Corte di Cassazione decide di trasferire la trattazione da Milano a Catanzaro. Ma, nel gennaio 1987, arriva la definitiva sentenza di condanna. Tutti colpevoli. Un bel respiro di sollievo. Avevano in mente… Gladio, loggia massonica P2, Piazza della Loggia, Italicus, Ustica, Stazione di Bologna, Strage del Rapido 904… l’Italia sarebbe diventato un paese mai nato. Pieno di valigie. E di stragi impunite…