Narrare significa raccontare un mondo attraverso una storia. Questa realtà corteggia la narrazione non perché ne è affascinata, ma perché si sente affascinante. Un lavoro di gruppo dove alterare la storia fa parte della storia. Può catturare l’attenzione e apparire interessante, ma c’è sempre la voglia di corromperla. Un insieme di moine svenevoli che per metà sono illusione. Sbandierate in modo creativo o lezioso nel tentativo di essere suadenti. La narrazione è arbitraria. Nulla di più ruffiano di quei signori o signore che ostentano la loro dottrina come se gonfiassero i bicipiti…
Il racconto è più prezioso della narrazione. Qualcosa di più reale e di indipendente dal gusto e dall’opinione. Che non si impara. Raccontare non è un mestiere. E’ un’arte. Un fascino che appare inconsapevole, che coinvolge le persone malgrado la loro stessa volontà. Dove si è sempre soli. Ed essere soli vuol dire porsi delle domande. Una sintesi temporanea. E nello stesso tempo definitiva. Quello che voglio è il temporaneo per definitivo. Evocare l’inizio destinato a ripetersi e superarsi. Non c’è nulla di più romantico…