Incompleto grigio – Episodio 7 –

La cosa che mi pesava maggiormente era che a differenza del progetto eritArt, l’olimpo social non aveva niente a che fare con la socialità…

Dagli sterminati sobborghi residenziali delle civiltà individualistiche uscivano soli senza ombre che riuscivano ad appiattire ogni significato…

Avvertivo che, in nome del mio amore per il bene comune, dovevo preservare la mia condizione di asociale, e mai avrei acquisito il sentimento della socialità se fossi passato dalla parte di quelli che inseguono il consenso…

La scorza di questo universo era fatta d’un altro materiale da quelle delle bucce stirate a vapore, che mai avrebbero rovesciato il tavolo del lavoro eroso nei diritti e sottopagato…

La sua pelle era greve di odori quanto quella social profumata e unta di asettici sorrisi. Le mie ore avevano una presenza carnale che le insediavano nella memoria come giornate vive e insieme come fantasmi ideali…

Avvertivo che il domani parlava di cose più inquietanti e vagamente proibite. Sapevo che l’universo dei Sogni non era il frutto di un’idea che voleva andare a vendere una frase sul banco del mercato, ma una parola che scappava dal silenzio…

Adeguarsi significava snaturare il mio essere. Non adeguarsi auto condannarsi a non essere…

Questa volta più di altre volte poteva essere una lezione che in qualche modo mi raggiungeva: c’è un prima e un poi nella storia di ogni vita…

 

 

 

P.S. La responsabilità di quanto accade non è nel sopruso affaristico, dinamico, duttile, flessibile, profondamente infiltrato nel vitale tessuto sociale ed economico di questo paese…

Ma in quella gran parte della cittadinanza che mostra una sorprendente cedevolezza e friabilità rispetto agli interessi e agli appetiti delle locali ingiustizie…

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