Gli approcci per farsi conoscere si somigliano tutti. Forse non sono opportunità ma solo dirupi, scorciatoie invase da rovi, pensieri lisci su cui scivolano le buone intenzioni…
Non ho ancora detto, ma mi pareva sottinteso, che il mondo social era per me quello che non volevo: la produzione corrente del mercato. In quello svolazzo patinato e mirabolante di pensieri intravedevo l’unica possibilità per far conoscere questo universo…
E partendo dal centro di questo vortice che, nel reiterarsi del gesto, si srotolava la spirale del mio tempo-lavoro. In quel richiamo insistente, nel fluire intangibile di azioni ripetute, notavo che le espressioni tendevano a una stilizzazione unitaria: la promozione dell’intrattenimento e l’educazione alla competizione…
Il firmamento social formava un sistema a sé, con le sue costanti e le sue variabili, facendo venir fuori in tutta la sua disperante meccanicità, una tipologia umana…
Ma, tra il catalogo astratto delle dizioni commerciali e il catalogo sensibile delle pronunce personali, non sempre riuscivo a stabilire una differenza…
Insomma, ero uscito dal vecchio mondo ma la scalinata di accesso al nuovo mondo mi appariva ora, regolata e organizzata in modo assolutamente identico…
Rivolgevo una voce a me stesso, separare e distinguere quell’adattarsi ai tempi con la loro assimilazione e bussare alla porta di chi non ha casa, così che non vi fosse confusione possibile tra ciò che sono e ciò che ho…
La complessità dell’esistenza come lo sciogliersi della voce al canto…
P.S. La responsabilità di quanto accade non è nel sopruso affaristico, dinamico, duttile, flessibile, profondamente infiltrato nel vitale tessuto sociale ed economico di questo paese…
Ma in quella gran parte della cittadinanza che mostra una sorprendente cedevolezza e friabilità rispetto agli interessi e agli appetiti delle locali ingiustizie…