Incompleto grigio – Episodio 3 –

Uno stato di forte perturbazione arroccato su un pensiero unico controllava tutta la Valle dello Stivale fino giù a Parlamento. Si appigliava alla grandezza passata per distogliersi sdegnosamente dalla piccolezza presente…

Una trasfigurazione della realtà, delle visioni, dei commenti, delle analisi, faceva della crisi non l’oggetto immediato del presente, ma il presente stesso come essenza emergenziale…

Consisteva in una serie di facce che immettevano in un mondo dove tutte le parole e le figure diventassero replicate, trasformate, sospese. Un semplice meccanismo per fare stare insieme queste facce in combinazioni sempre diverse…

Mentre le facce parlavano, Democrazia doveva servire da conferma alle cose. Innalzava il suo sguardo per guardare dall’alto in basso il mondo sottostante, come divinità giudicante che distingueva il buono dal cattivo, il bello dal brutto…

Le sue parole finivano ancorate non ad azioni, ma a fantasie: il voler fare era già l’ammissione che non si poteva fare nulla. Ogni promessa non arrivava a destinazione. Ogni ricchezza ridistribuita da nessuna parte…

Un triste corredo di trame convenzionali messe in scena attraverso la palese ambientazione teatrale e infilate per il manico del domani…

Attorno a questo, una comunicazione assertiva di pappagalli tenuti in cattività riproduceva i suoni emessi dai loro padroni: siamo costretti ad accettare qualsiasi sopruso pur di far fronte alle incombenze di tutti i giorni…

L’esattezza del problema accompagna l’inesattezza della sua risoluzione. È l’allucinante fissità di questa luce livida la crisi, nient’altro…

 

 

P.S. La responsabilità di quanto accade non è nel sopruso affaristico, dinamico, duttile, flessibile, profondamente infiltrato nel vitale tessuto sociale ed economico di questo paese…

Ma in quella gran parte della cittadinanza che mostra una sorprendente cedevolezza e friabilità rispetto agli interessi e agli appetiti delle locali ingiustizie…

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