Forse per risvegliare un istinto di ribellione, o solo per chiedere conferma alla propria mancanza di speranze, Libera Pensatrice sospende l’allenamento ordinario, stila una lista incompleta, esce dalla vuota ritualità degli eventi, e muove piccoli moti di discontinuità…
Quella mattina, sabato 23 maggio 1992, una telefonata proveniente da Roma informa che il giorno del fuoco è arrivato: Giovanni Falcone è in partenza per Palermo. In realtà non viaggia da solo. Tutti i suoi spostamenti sono osservati, registrati, comunicati…
Nei piani altissimi della Repubblica Italiana lo definivano “il problema Falcone”. Quel giudice che osava pensare la mafia avere le mani in pasta in ogni affare, “entrata in Borsa” con il volto di imprenditori che davano lavoro e contribuivano al benessere collettivo…
Le sue inchieste erano un problema per l’economia della Sicilia e dell’intero Stivale. L’avversione nei confronti del giudice che “toglie il lavoro” viene portata avanti in tanti modi…
I 75 candelotti di esplosivo che gli misero sotto casa, sulla scogliera dell’Addura, il 21 giugno del 1989 rimasero miracolosamente inesplosi. Subito dopo arrivò la telefonata del Presidente del Consiglio dei ministri, Giulio Andreotti…
Fu Falcone stesso a commentare: dopo un tentativo di omicidio la prima telefonata di solidarietà arriva dal mandante. Da lì in poi bisognava scegliere: riconoscere la grandezza di un uomo rimasto fedele ai suoi principi di etica costituzionale, o salvare l’economia mafiosa del Paese…
E lo Stato italiano scelse…